Testi
Il
testo delle antifone proposte è stato tratto nella maggioranza dei casi dal Corpus Antiphonalium Officii. Dal
momento che lo schema b è una
creazione moderna, non è stato possibile eliminare del tutto le antifone di
nuova composizione provenienti quasi tutte dallo Psalterium monasticum (Solesmes, 1981), ma il loro numero è stato
considerevolmente ridotto a favore di testi autentici.
Per i
responsori brevi, conformemente alle scelte dell’Antifonale monastico di
Solesmes 2005-2007, si è proposto il testo critico solo per i pochi responsori
brevi antichi, mentre per gli altri il testo è quello della Nova Vulgata.
Per
quanto riguarda il testo degli inni, invece, si è ritenuto preferibile
ritornare a quello di AM 1934 e dei Breviari editi per l’Ordine di San
Benedetto, corretto solo nei punti dove esso si discosta dal testo originale,
sulla base delle edizioni critiche attualmente disponibili (Analecta Hymnica, Walpole, Corpus Christianorum, etc.), anziché
adottare il testo degli inni della Liturgia
Horarum e del Liber Hymnarius,
questo per una scelta coerente con il metodo di lavoro impostato per l’intera
opera.
Per ogni testo è stato
indicato l'autore o la datazione della fonte recepita, quando conosciuti.
Versione melodica
Grazie al consiglio concorde di musicologi esperti, si è
individuato un metodo di lavoro per le proposte melodiche con l’intento di
proporre una restituzione melodica con carattere di scientificità, ossia il più
oggettiva possibile. Il criterio di fondo adottato è stato sempre il seguente: per
ogni brano, si è scelto sempre un solo manoscritto e se ne è trascritta
fedelmente la versione melodica, senza apportare correzioni o interpolazioni
provenienti dal altre fonti.
Nella maggior parte dei casi (circa 2/3 delle antifone) è stata
restituita la versione melodica di Hartker (S. Gallo 390-391), unanimemente riconosciuto
come il più antico e autorevole manoscritto dell’Ufficio con notazione musicale, sia per
la sua antichità — è la più antica fonte dell’Ufficio con notazione
musicale, risalente agli anni 980-1011 —
che per il valore della sua versione melodica e ritmica. Per la restituzione delle
melodie di Hartker che, com’è noto è un manoscritto adiastematico, quindi privo
delle indicazioni relative all’altezza delle note e ai loro reciproci
intervalli, ci si è avvalsi della consultazione e del confronto di una trentina
di manoscritti diastematici provenienti da tutta Europa, tra cui Karlsruhe 60 e SG 6, Aachen 20, Utrecht,
Einsiedeln 611, Klosterneuburg 1012-1013, Metz 83, Benevento 21, Toledo 44.1 e
44.2, Worcester F 160, Saint-Maur des Fossés (Paris BnF lat. 12044), Saint-Denis (Paris BnF lat. 17296), Piacenza
65, Lucca 602 e 603, Firenze arcivescovado.
Nel caso in cui un’antifona non fosse presente in Hartker, si è
cercato di raccogliere il maggior numero possibile di fonti manoscritte - in questa fase è stato un prezioso aiuto il database 'Cantus' - e si è
trascritta quella considerata migliore per rappresentanza dell’insieme della
tradizione manoscritta, per antichità e valore della tradizione di
appartenenza, per qualità musicale in riferimento alla resa esegetica del
testo. In questi casi, tuttavia, vista la provenienza assai differenziata delle
fonti, è stato necessario accettare
un minimo di uniformazione delle trascrizioni, limitatamente ai
contesti seguenti:
- correzione delle imprecisioni
semitonali presenti in alcune fonti (soprattutto di area germanica, ma non
solo), grazie al confronto con fonti in questo ambito notoriamente più precise,
in particolare le fonti di area beneventana e aquitana;
- uniformazione della cadenza dei modi I e VII nei casi di parole
proparossitone: questa cadenza, che riceve frequentemente in Hartker e nelle
fonti germaniche un pes ornamentale sulla sillaba postonica, in quelle dell’Europa occidentale conclude invece spesso in tono retto. Si è scelto di
conservare quasi sempre, in questi casi, l’uso di Hartker e delle fonti di area
germanica.
- qualche
rarissima correzione si è ritenuta opportuna nel caso in cui il manoscritto
prescelto si discosti per un dettaglio musicalmente non convincente da tutto il
resto della tradizione manoscritta.
Studiando i Tonari antichi — Reginone di Prüm, Metz
351, Hartker, Gaillac — nel corso della preparazione delle melodie, ci si è
accorti che esiste un gruppo di antifone la cui cadenza finale differisce da
quella che il tono salmodico ad esse assegnato richiederebbe
secondo la teoria dell’Octoechos. Dal
momento che quasi sempre è possibile trovare qualche testimonianza
diastematica, sebbene rara, a sostegno delle indicazioni dei Tonari, si è
scelto di restituire la cadenza finale allo stato originario e, per evitare un
errore nell’intonazione, si è aggiunta una piccola rubrica in corsivo al
termine dell’antifona per ricordarne la particolarità; ad esempio, un’antifona
con cadenza finale in re ma
classificata in altro modo, recherebbe al termine una rubrica del tipo: A/ finitur i
modo.
Per
quanto riguarda gli inni, la melodia è stata scelta fra le trascrizioni
raccolte da Bruno Stäblein nel volume di Monumenta
Monodica Medii Ævi dedicato agli inni e tra quelle che si trovano nei tableaux dell’Abbazia di Solesmes
preparati in vista dell’edizione dell’Antifonale monastico del 1934, dei quali è stata gentilmente concessa la consultazione. Nei casi
in cui non è stato possibile individuare una versione melodica valida, si è
conservata quella del Liber Hymnarius.
Per documentare il
lavoro di restituzione melodica svolto, è stato inserito al termine di ogni
volume, nella sezione degli indici, l’elenco completo delle fonti manoscritte e
a stampa consultate e, per ogni brano, il riferimento – completo di foliazione
o paginazione – alla fonte che è stata trascritta nel caso specifico.
Infine, nella trascrizione in
notazione quadrata, si sono consapevolmente conservati i segni ritmici classici (punctum mora, episemi), perché li si è
ritenuti validi ausili ai fini di una più corretta e
concorde esecuzione ed ad una più penetrante interpretazione esegetica dei testi cantati nello spirito della tradizione
ecclesiale, soprattutto per le comunità monastiche che non avessero la
possibilità di accostarsi direttamente alle fonti manoscritte per trarne le
indicazioni ritmico-agogiche necessarie per il canto.